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BORDEAUX – PARIGI

22 / 23 giugno 2002

di Luigi Capellani – Alberto Ferraris

Il nostro “mestiere” è anche collezionare classiche. Le classiche che hanno fatto la storia del ciclismo. E che regalano ancora tante emozioni. Questa volta siamo andati alla scoperta della Bordeaux-Parigi, una delle prime corse in assoluto, organizzata ancora alla fine dell’800, quando lo sport del pedale era agli albori: 640 chilometri no stop, dal sud-ovest francese alla capitale. Un’esperienza vissuta con curiosità, ma anche con un pizzico di agonismo perché la Bordeaux-Parigi è anche una granfondo con tanto di classifica.

Via da Cenon, sobborgo nordorientale di Bordeaux, ancor prima dell’alba, perché alle 6 sul meridiano bordolese il sole non ha ancora fatto capolino. I concorrenti sono un migliaio, gli italiani una quarantina. Partenza a velocità elevata, ma senza sgomitare e senza stressarsi come avviene nelle nostre granfondo: molto fairplay, molta serenità, tanto i valori emergeranno alla distanza. Si viaggia sui 40 orari, tutti in gruppo, su strade ancora ampie, qualche saliscendi. I toboga si fanno più impegnativi e il plotone si spezza in due, tre, quattro tronconi. Davanti rimangono in 200, poi 150, poi 100. Al primo controllo, a Ruelle-sur-Touvre (138 chilometri), il compiuterino segna 31 di media. Sono le 10.35′. Lunga sosta, con panino, coca cola e toilette. Poi si riprende. Il caldo si fa torrido, insopportabile.

Le ore centrali della giornata sono le peggiori: non c’è afa, ma la temperatura tocca i 33° e sull’asfalto i gradi sono ben di più. Si raggiunge sfiniti il secondo controllo, a L’Isle-Jourdain (km. 233), alle 15.20′, al termine di un troncone estremamente impegnativo, una successione quasi ininterrotta di saliscendi nella regione del Poitou-Charente. Anche qui la sosta è più lunga del previsto. Per recuperare bisogna bere molto. Ma non si può solo bere, occorre anche mangiare, e con questa canicola non è facile. I primi sono ormai lontanissimi, ma la nostra media è ancora buona. Non va molto meglio nel segmento successivo, che al termine di una nuova serie di mangia-e-bevi conduce a Martizay. Sono le 19.50. Siamo quasi a metà percorso (km. 314) ed abbiamo impiegato 13 ore e 50 minuti. Possiamo ancora sperare di concludere la prova in meno di 30 ore. Tre quarti d’ora di sosta ci consentono di stenderci per qualche istante anche sui materassini predisposti dall’organizzazione. Solo qualche minuto, però, poi bisogna tornare in sella.

Ma dinnanzi a noi si aprono le porte della temuta notte. Il tramonto arriva tardi, qui, dopo le 22, la temperatura cala gradualmente e gradualmente si rimette in sesto anche il nostro fisico. Lasciati alle spalle il Poitou e la Vienne, nel Cher il percorso si fa meno difficoltoso, con lunghi tratti pianeggianti. Quando timbriamo il nostro “carnet de route” a Noyers-sur-Cher (km. 377) sono ormai le 23.20. Avvertiamo la necessità di ricostituire le nostre riserve glicogene ed allora ci concediamo un abbondante piatto di pastasciutta. Riprendiamo la strada qualche minuto dopo la mezzanotte.

A Salbris (km. 440) il penultimo controllo. Sono le 2.45. Vorremmo proseguire, ma le conseguenze del caldo del pomeriggio precedente non hanno ancora lasciato il nostro fisico. Non resistiamo alla tentazione di coricarci per qualche minuto sui tappetini della “salle-de-repos”. E chiudiamo anche gli occhi. Poi, richiamati dal dovere, riprendiamo il nostro viaggio. Per gli ultimi 200 chilometri.

Vediamo dinnanzi a noi, meno di mezzo chilometro più avanti, le luci di un’auto che segue un gruppetto. Inseguiamo e ci aggreghiamo. Sono francesi. Doppia fila, ci diamo i cambi regolarmente, senza tenere velocità troppo elevate. Anzi, chi supera i 25 orari è richiamato. Lunghi tratti nel bosco, pianeggianti, facili, ma occorre non cadere nella tentazione di andare più forte. Alla distanza si pagherebbe. Une breve sosta-caffè, poi si riprende. Si parla, si racconta, si scherza, ci si tiene svegli. E l’alba si avvicina.

C’è pure un po’ di nebbia, poi il sole l’ha vinta. Finalmente il controllo di Autruy-sur-Juine (km. 558), alle 9,15, con gli invitanti profumi di panetterie e pasticcerie. Un bel breakfast, poi via di nuovo. Sono gli ultimi 80 chilometri, prima pianeggianti poi caratterizzati da nuovi saliscendi. C’è anche un leggero vento contrario a ostacolare la nostra marcia. Ma abbiamo fatto un bel gruppetto, cambiamo spesso, non ci affatichiamo. Sembra di essere rinati. La notte ci ha fatto bene.

Il finale è molto bello, ai margini della Valle della Chevreuse, tra lussureggianti foreste. Facciamo qualche sosta intermedia di troppo ed il sogno di terminare la prova in 30 ore svanisce. Ma anche se il nostro tempo finale e di ore 32,05, la gioia nei nostri cuori è immensa quando tagliamo il fatidico traguardo di Rambouillet (km. 638), alle 13,42. E’ un tempo, d’altronde, che ci consente di collocarci a metà-classifica. Non è male.