ROBERTO POGGIALI

C’era anche lui alla Crociera della Gazzetta dell’ottobre 2014. Quando gli abbiamo chiesto quanti anni avesse, ci ha risposto sottovoce e a denti stretti, ma non volevamo credere a quello che aveva detto. Sì, perché il suo aspetto fisico è ancora quello di un ragazzo o poco più, e anche la brillantezza. Abbiamo fatto subito amicizia. Una volta salito in bici, poi, diventa una furia. Lo vedi bello, dritto in sella, spingere in salita senza far fatica, come se tutti gli anni passati a correre in bici lo abbiano ringiovanito e rinvigorito, anziché affaticato.

Eh sì, perché i suoi anni di professionismo sono stati ben sedici, sempre ad alto livello. Spesso come luogotenente di grandi campioni, come Gimondi e Francesco Moser, ma con risultati di prestigio, come le due perle, la Freccia Vallone e il Giro della Svizzera, che vanno ad aggiungersi alla maglia tricolore di campione d’Italia dilettanti, conquistata nel 1962, proprio l’anno prima del suo passaggio al professionismo. Roberto Poggiali, classe 1941, fiorentino doc, è stato un duro. Quattordici partecipazioni al Giro d’Italia e mai un ritiro. Tutti portati a termine, il miglior piazzamento nel 1965, ottavo. Ma poi anche un 9° posto al mondiale del Montjuich (1973), vinto da Felice Gimondi. E successi al Giro del Lazio (1974), al Giro del Friuli (1975) e alla Coppa Sabatini (1971). Sedici anni di professionismo e otto squadre, alcuni veri e propri squadroni come la Ignis, la Salvarani e la Filotex. Tra i suoi compagni di squadra, Gimondi, Francesco Moser, Motta, Basso, Taccone, Massignan, Altig, Zilioli, Balmamion, Panizza, Ritter, Zandegù, Riccomi, Beccia, Gavazzi e Claudio Corti.

Il 1965 è un anno d’oro. Poggiali fa due secondi posti, ai giri del Piemonte e della Campania, e va in Belgio pieno di speranze. Tempo da lupi alla Freccia Vallone, per tutta la giornata freddo e pioggia. Si ritirano in tantissimi. Tra questi Anquetil, che non riesce a tenere il manubrio. A 85 chilometri da Marcinelle attacca Gimondi. Lo seguono Poggiali e Simpson. A qualche decina di chilometri dal traguardo Simpson cede. Restano i due italiani. Gimondi parte da lontano, Poggiali, con la maglia gialla dell’Ignis ormai resa grigia dal fango, lo riprende e lo stacca nettamente. Dopo dodici anni di digiuno (Loretto Petrucci, 1953, Parigi-Bruxelles) , un italiano torna a vincere una classica del Nord.

La seconda grande perla di Robertino cinque anni dopo, al Giro della Svizzera del 1970. Quarta tappa, arrivo a Locarno. Bitossi è in maglia oro. Poggiali va in fuga sul Passo del Lucomagno, con un gruppetto di comprimari. Prendono un vantaggio abissale, vince Caverzasi, Poggiali è 6° ma è il nuovo leader. I grandi sono tutti lontani. E ci sono Gimondi, Altig e appunto Bitossi. C’è ancora tanta montagna, ma il toscano si difende bene. Sempre bene. Deve guardarsi dallo svizzero Louis Pfenninger, ma alla fine trionfa.

Roberto Poggiali non ha mai smesso di andare in bicicletta. E’ una passione viscerale. Ora si diverte a fare il cicloturista di alto livello e a dar consigli, e qualche volta anche spinte, agli appassionati, spesso molto più giovani di lui. Alla prossima, Roberto!