Colle Sommeiller (3.009 m/slm)

Salita sullo sterrato più alto d’Europa

di Danilo Fullin

Che effetto fa arrivare in bici fino a 3 mila metri? Se lo sono chiesti un bel giorno Marco Doro, Danilo Fullin, Luciano Rossetti e Danilo Triulzi, che si sono dati appuntamento a Bardonecchia un giovedì di luglio per tentare l’impresa a cavallo delle loro mountain bike. In realtà, si arriva a più di 3 mila metri d’altitudine, ma dopo aver lasciato la strada, che termina a quota 2.993 m/slm ed è considerata la più alta carrozzabile sterrata d’Europa. Per arrivare sul colle, accessibile dal versante francese solo per mezzo di un sentiero, è necessario percorrere ancora qualche decina di metri su quello che un tempo fu il ghiacciaio del Sommeiller.

La salita conta ben 26 chilometri di salita, la stragrande maggioranza dei quali su sterrato, e rappresentano una bella sfida per chi ama mettersi in gioco ed esplorare i propri limiti.  Si inizia a Bardonecchia e per la prima parte, fino alla frazione di Rochemolles, la strada è asfaltata, ma con pendenze serie, anche in doppia cifra. All’altezza del ponticello sull’omonimo torrente è collocata la sbarra che limita l’accesso al traffico veicolare al periodo luglio-settembre (a pagamento), escluso il giovedì, giorno in cui la strada è chiusa ai veicoli a motore. Poco più avanti inizia lo sterrato, che si presenta a volte liscio, facile da affrontare, a volte pietroso, molto più faticoso da superare.

Rossetti, Fullin e Triulzi a Rochemolles

La prima parte dello sterrato presenta un fondo abbastanza morbido e conduce al Lago di Rochemolles, dove si può riempire la borraccia grazie alla presenza di una fontana. Qui la pendenza è dolce, fino a quando si presenta un “muro” di circa un chilometro superiore al 12%. Dopo ancora un chilometro si supera il bivio della strada che porta al rifugio Scarfiotti e sullo sfondo compare la bella cascata della Rognosa. La strada ricomincia a salire decisamente: per circa cinque chilometri la pendenza sempre è attorno al 9% e il fondo si fa sempre più insidioso.

Fullin e Rossetti dopo il Lago di Rochemolles

Nell’ultima parte la pendenza si riduce di poco, ma per circa 6 chilometri la difficoltà aumenta a causa del fondo, una vera e propria pietraia: ci vuole massima attenzione a infilare la ruota fra un sasso e l’altro, cercando di non perdere quel minimo di velocità che permette di procedere senza doversi fermare. I tornanti non si contano e il debito d’ossigeno si fa sentire sempre più per via dell’altitudine, dato che siamo già a oltre 2.500 m/slm.

Fullin mentre affronta uno dei tornanti della parte finale

Ecco, però, che quando il fiato diventa veramente corto e il freddo pungente ti entra nei muscoli, di colpo si sente il vento che soffia dal valico: la strada si interrompe e, dopo alcuni colpi di pedale sul terreno fangoso verso monte, eccoci finalmente sul colle. Intorno a noi alcuni laghetti glaciali, sulla destra un bivacco di recente realizzazione, dall’altra parte il versante francese del colle. Ma non è il caso di fermarci molto: anche se la giornata resta soleggiata, si sono già alzate alcune nuvole e il freddo si sente. Qualche foto e via…

Triulzi, Doro e Fullin sul Colle Sommeiller

La discesa è anch’essa impegnativa, in particolare nei tratti di sterrato pietroso: ci vuole veramente poco per prendere male un sasso e cadere, per cui la velocità è comunque ridotta, almeno fino all’incrocio con la strada che porta al rifugio Scarfiotti, dove è d’obbligo una breve sosta per rifocillarsi. Il tratto successivo è più agevole e in breve si raggiunge Rochemolles e infine Bardonecchia.

Alcuni consigli per chi desidera cimentarsi. Scegliere una giornata di tempo sereno stabile, ovviamente d’estate, meglio nel mese di luglio, possibilmente di giovedì: in quota non si scherza con il meteo e a 3 mila metri il tempo può cambiare da un momento all’altro. Se la giornata è soleggiata e non ventosa, durante la salita è sufficiente una maglia a maniche corte, ovviamente per la discesa è indispensabile una mantellina antivento a maniche lunghe, meglio se di medio spessore. Per la bici da usare, meglio una mountain bike leggera, piuttosto che una biammortizzata; utilizzare una gravel solo se si è ben allenati ed esperti nell’uso. Alimentarsi frequentemente durante la salita: 1800 metri di dislivello comportano un notevole dispendio di energie, anche a bassa velocità.

Infine, non tralasciare l’importanza dell’effetto dell’altitudine. Oltre 2000 metri la minor quantità di ossigeno nell’aria può provocare effetti indesiderati e gravi a chi non è abituato a vivere in quota. Inoltre, la diminuzione della pressione dell’ossigeno nel sangue, dovuta alla minor pressione atmosferica, può ridurre notevolmente le prestazioni. Gli effetti possono essere diversi da soggetto a soggetto, ma scoprirlo durante la salita può essere piuttosto spiacevole, quindi è bene prepararsi. Nel dubbio, meglio forse usare una mountain bike assistita.

A proposito di bici assistite, i nostri quattro compagni, oltre alla soddisfazione di essere riusciti nell’impresa, hanno avuto anche il piacere di essere stati gli unici quel giorno a effettuare la salita usando delle normalissime mountain bike. Al tempo delle bici assistite, non è cosa da poco.